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Questa settimana abbiamo seguito GIACOMO COLI nei suoi spostamenti: non è il momento di stare a controllare il lavoro in vigna che ormai procede spedito. Le uve raccolte sono già state conferite alla Cantina Coli. Sono momenti eccitanti, intensi e pieni di attività, dove è tutto molto veloce e preciso.

Un tempo questa fase (soprattutto la pigiatura) era un momento fantastico, che è rimasto impresso nella mente di tutti anche per chi non lo ha mai visto in diretta. Sarà stato il cinema o le immagini televisive? Fatto sta che questo evento, così carico di significati e di valori antichissimi, è arrivato fino a noi.

L’idea di stare a piedi nudi in una vasca era, soprattutto per i più piccoli, un momento gioioso. Sentirsi protagonisti in un mondo di grandi: in quale altra occasione era possibile sporcarsi i piedi e saltellare sull’uva, senza essere rimproverati?

GIACOMO COLI quando vede arrivare l’ennesimo carico di uve appena raccolte prende la palla al balzo e ricorda a BELINDA COLI, GIAN LUCA COLI E FILIPPO COLI alcuni momenti che hanno vissuto insieme quando erano piccoli: “Vi ricordate com’era divertente? Prima di tutto, a lavarsi i piedi bene! … e poi via! infilati nella vasca a pigiare l’uva con tutta l’energia che avevamo. Cif! Ciaf! schizzi dappertutto e poi un gran ridere …”

Oggi ovviamente la fase della pigiatura avviene in tutt’altro modo, qui a Cantine COLI una grande macchina pigiadiraspatrice accoglie le uve appena raccolte e le lavora. Come ci fa vedere GIACOMO COLI: “Prima di tutto viene staccato il chicco d’uva dal raspo. Cosa fondamentale perché i raspi se spremuti e pigiati libererebbero il tannino che andrebbe a conferire al vino un gusto legnoso e che allappa il palato. Poi l’uva viene pigiata- frantumata, soprattutto nella parte della buccia.”

“Questo passaggio – prosegue GIACOMO COLI- deve avvenire in modo veloce, molto veloce. Perché più è rapido, migliore sarà la qualità del vino. Quando la fase di rimozione degli acini dai raspi e la frantumazione della buccia è avvenuta il succo viene ‘pompato’ dentro delle vasche di fermentazione.

Giacomo Coli si avvicina ad una bigoncia in legno -messa a bella mostra nella Cantina Coli – che racconta un pezzo di civiltà contadina: “ … vi ricordate quando ancora si usava questa bigoncia?”

“Che bellezza, guarda il legno e le cerchiature in ferro – aggiunge FILIPPO COLI mentre fa girare la bigoncia-.”  Per chi non lo sapesse a bigoncia è un grosso contenitore a forma a tronco di cono, tutta in legno, che grazie alla sua particolare conformazione era ideale per il trasporto dall’uva, dalla vigna alla cantina o anche per la frantumazione delle bucce. Un prodotto della cultura contadina così antico che già Dante Alighieri ne parla nel canto IX del Paradiso.

Ma torniamo ai giorni nostri, al succo d’uva che adesso riposa nelle grandi vasche delle Cantine Coli: a temperatura controllata perché se fosse troppo freddo darebbe noia alla fermentazione in atto. Come conferma un vecchio proverbio chiantigiano che ci ricorda GIACOMO COLI e che più o meno recita così: “prima viene la cantina e poi la vigna.”

Se si avvicina la mano ai grandi contenitori dove sta fermentando il vino lo si sente ribollire, in alcuni casi (dipende dal materiale del contenitore) si può sentire anche il calore che emana questo tipo di trasformazione ( gli zuccheri >> alcool).

Dentro una grande cantina come quella di Cantine Coli si svolgono diversi tipi di vinificazione in contemporanea, perché la fermentazione varia a seconda delle uve,  da 1 giorno fino anche a 10 giorni: in ogni caso è qui che avviene una delle più straordinarie scoperte dell’uomo e cioè la trasformazione chimica che fa diventare una spremitura d’uva un vino con una gradazione alcolica naturale.

Un processo che a noi, consumatori di oggi, appare come una logica conseguenza di diverse azioni combinate, ma che in realtà – secondo moltissimi antropologi e storici – è una delle tappe fondamentali nell’evoluzione dell’uomo.

In questa fase nelle Cantine Coli come spiega GIACOMO COLI, due volte al giorno avviene la rottura meccanica del ‘cappello’ che si forma nella parte alta ed il conseguente rimescolamento del mosto. In alcuni casi ed in cantine più piccole questo processo di rotture del cappello avviene con un grosso legno a forma di martello, che spinge in basso le bucce e muove il mosto.

GIACOMO COLI chiede poi di aggiungere questa nota da riportare sul blog: “ E’ qui che si vede la bravura dell’enologo o di qualche vecchio saggio vignaiolo e cioè capire quando si va esaurendo questa fase di trasformazione chimica ed è il momento di passare alla filtrata e torchiatura …”

Ma delle fasi cruciali che seguono il processo di lavorazione in cantina avremo modo di parlare tra qualche giorno sempre in compagnia di GIACOMO COLI, BELINDA COLI, FILIPPO COLI E GIANLUCA COLI.